Il Fiume Platani, che costituisce il confine sud del territorio comunale, rappresenta il protagonista dell’intera configurazione ambientale, uno degli ambienti naturali più integri della Sicilia.
L’esplosione della rigogliosa vegetazione spontanea sulla quale scorre il fiume che si insinua in estese e tortuose gole scavate nella roccia sedimentaria, in prossimità dell’area boschiva, rappresenta un forte motivo di attrazione naturalistica.
Esso è il terzo fiume della Sicilia per estensione e si presenta oggi ben diverso da come apparve ai primi colonizzatori della Sicilia centro meridionale. Il Platani era infatti navigabile per buona parte del corso principale sino al periodo romano, e il suo sistema era fonte di irrigazione e di collegamento tra le singole aree del bacino.
Tommaso Fazello nel XVI secolo descriveva per esempio la piana nei pressi di Eraclea: “…molto buono a coltivare, e pieno di cataletti di fiume, e al tempo che Eraclea era in piedi, era pieno di giardini e vigne. Questa pianura produce assaissimo grano…”.
Anticamente è l’Halykos di Diodoro Siculo e di Plutarco, il Lykos di Eraclide, Diodoro Siculo e Plutarco. Con la dominazione dei musulmani l’Alico assunse la denominazione d’Iblâtanu.
Il suo antico nome (Alico, dal greco “Halykòs” = “salato”) sottolineava il chimismo delle sue acque, arricchite dei Sali delle rocce evaporitiche (gesso, zolfo, Sali di sodio e di potassio) che attraversa lungo il suo corso. Tra i suoi affluenti vi è il fiume Turvoli, lungo circa 20 Km.
Quindi un accenno particolare merita la caratteristica della “salinità” delle acque del fiume Platani, analizzate dalla sorgente alla foce.
Infatti la qualità delle acque del fiume Platani è condizionata da fattori ambientali non modificabili, oltre che dalle attività umane. Infatti questo fiume lungo circa 103 Km. e dal bacino valutato 1.800 Kmq., si origina da due rami sorgentiferi; nasce dall’altopiano dominato da Pizzo Lupo e Monte Cammarata e per tutto il suo alto corso mantiene una salinità modesta.
Infatti anche nei mesi di magra essa non supera i 150 mg/l come sodio, i 200 come calcio, e i 2 milliSiemens/cm di conduttività elettrica (Gianguzza, 1978). A metà corso, il contributo dell’afluente Gallodoro-Salito (ricco di calcio, magnesio e sodio, conduttività 30) si somma a quello localizzato poche centinaia di metri a monte della confluenza dello scarico ISPEA (ricco di magnesio e sodio, conduttività oltre 100). La maggior salinità risultante decresce solo lentamente fino alla foce, dove il Platani arriva con conduttività da 10 (inverno) a 50 (estate) milliSiemens/cm.
Il fiume condiziona l’assetto morfologico dei luoghi, infatti le forme delle cime collinari e dei versanti sono legate al processo di erosione selettiva che agisce con maggiore forza sulle argille e sulle arenarie, in quanto rocce poco resistenti, risparmiando, invece, quelle più compatte (calcari, gessi, ecc.). Lungo il medio corso, il fiume ha un andamento meandriforme, aspetto questo tra i più caratteristici della morfologia fluviale. Non mancano i calanchi lungo i pendii argillosi, ovvero quelle caratteristiche successioni di crinali e di solchi che si approfondiscono nel tempo, per via della pioggia e del declivio, rendendo il pendio totalmente privo di vegetazione.
Un altro aspetto di particolare rilevanza è costituito dalle strutture carsiche situate nella formazione geologica, creando, in un certo senso, un paesaggio unico, infatti le acque di ruscellamento hanno originato un mondo sotterraneo davvero interessante, dando vita a diverse grotte, come ad esempio “ la Grotta di li Ciauli” nel territorio di Sant’Angelo Muxaro e quelle nel territorio di Cianciana come “la Grotta del Sindaco” sita nel Monte Cavallo e “lu Zubbiu”.
Il Fiume Platani, il cui nome attuale è di origine latina popolare e modulato dagli arabi in “Iblâtanu”, dal nome dell’omonima fortezza che sorgeva sul Monte Sara, un tempo era ricco di acque pescose e, come detto, navigabile per gran parte del suo corso, era la principale via di comunicazione dal Mare Mediterraneo verso l’interno della Sicilia. La presenza del fiume e la fertilità delle terre circostanti favorirono lo sviluppo di antiche civiltà, soprattutto sulle rive ed i promontori bagnati dal suo ultimo tratto. La foce costituì un porto naturale per le città di Makara, Minoa ed Heraclea. I promontori, bagnati dal fiume, furono le sedi di antichissimi insediamenti umani: Kapryanus o Montesara, Colle Rotondo o Platanella, Giudecca e Massa Cinciana. In questi luoghi, nel corso dei secoli, sono stati rinvenuti reperti che testimoniano l’esistenza di antichissime città e casali come Inico, Camico, Ancyra, Crasto, Platani, Platanella, Captedi e Massa Cinciana. Quindi è innegabile affermare che la presenza dell’uomo lungo le rive del Platani risale ai primi albori della sua stessa presenza in Sicilia.
Le piante che vivono lungo le sponde del Platani e nelle aree limitrofe alle incisioni dei valloni, sono in grado di resistere all’alto tasso d’inquinamento, di origine sia minerale che organico, delle acque del fiume e dei valloni. Tale inquinamento è dovuto principalmente all’immissione a monte degli scarichi di numerosi centri abitati determinando un forte aumento del tenore di salinità del fiume, già elevato naturalmente a causa della presenza di giacimenti minerali solubili lungo tutto il bacino.
Nonostante ciò alcune specie vegetali riescono a colonizzare le sponde, particolarmente nei tratti in cui il terreno è soggetto a sommersioni alternati ad emersioni (piano litorale). Questi popolamenti comprendono specie quali l’atriplice portulacoide (Halimione portulacoides), la salicornia fruticosa (Arthrocnemum fruticosum), il giunco pungente (juncus acutus). In zone più elevate, dove l’acqua giunge solo durante i periodi di piena (piano ad litorale), si riscontra una vegetazione più fitta costituita da tamerici (Tamarix africana Poiret e Tamarix gallica), Salicornia glauca (Arthrocnemum macrostachyum), cannucce da palude (Phraomites australis, Phalaris arundinacea) e canne del Reno (Arando pliniana e Arando donax) che con le loro infiorescenze a “pennacchio” conferiscono all’ambiente un tipico aspetto consentendo altresì il riconoscimento a distanza delle zone umide, e in aree limitate da formazioni a Salice (Salix cinerea e Salix purpurea). Si riscontrano anche il Leccio (Quercus ilex); il Carrubo (Ceratonia siliqua); l’Alaterno (Rhammus alaternus); il Biancospino (Crataegus monogyna); l’Anagiride o il Carrubazzo o legno puzzo (Anagyris fetida); l’Olivo (olea europea var. sylvestris); l’Olivastro (Phillyrea latifolia); il Lentisco (Pistacia lentiscus); l’Euforbia cespugliosa (Euphorbia characias); la Cornetta di Valencia (Coronilla valentina); il Salvione giallo (Phlomis fruticosa); l’Asparago pungente (Asparagus acutifolius); la Robbia selvatica (Rubia peregrina); la Malva gigante (Lavatera albia); il Cavolo selvatico (Brassica oleracea); la Palma nana (chamaerops humills); il Salicone; l’Alianto; l’Oeandro; il Finocchio di mare; l’Enula e la Santolina marittima.
Il degrado della macchia ha portato al passaggio progressivo verso la gariga, dove prevalgono le specie erbacee. Ulteriormente si assiste al passaggio verso la prateria steppica con dominanza di ampedolesmeti, mentre lungo i margini stradali si trovano il Sambuco o sommacco ( Rhus coriaria), la Liquirizia (Glycyrrhizza glabra) e il Cappero (Capparis spinosa).
Le zone più degradate sono state interessate negli ultimi decenni da piani di forestazione con prevalenza: Pini (Pinus halepensis), (Pinus pinea); Eucalipti (Eucalyptus globulos), (Eucalyptus rostrata); Cipressi (Cupressus sempervirens), (Cupressus macrocarpa), (Cupressus arizonica).
Sui pendii prospicienti il Platani cresce un particolare tipo di flora spontanea di interesse medicinale ed alimentare-aromatico, conosciuta in passato da pastori e contadini che ne facevano un largo uso.
Lungo il corso del Platani è possibile riscontare la presenza di svariate specie nidificanti, tra le quali: la ballerina gialla; la gallinella d’acqua; la cannaiola; il pendolino (Remiz pendulinus) che costruisce un caratteristico nido a fiaschetta tra le canne; la Beccaccia di mare (Haematopus ostralegus); l’Airone rosso (Ardea purpurea); l’Airone cenerino (Ardea cinerea); la Spatola (Spatalea leucorodia); la Garzetta (Egretta garzetta); il Pignattaio (Plegadis falcinellus); il Chiurlo (Munenius arquata); il Combattente (Philomachus pugnax); il Codone (Anas acuta); il Labbo (Stercorariu parasiticus); il Migliardino di palude (Emberizia schoeniclus); fenicotteri; oche; anatre; albanelle; tortore (Streptopelia turtur); gufi di palude; usignoli; lo storno nero (Sturnus unicolor) endemismo siciliano; il colombaccio (Columba palumbus). Sul greto e nelle zone ricche di ciottoli, ad esempio si possono osservare le ultime coppie di Occhione (burthinus oedicnemus), un uccello di media taglia tipico delle zone aperte e aride, dal mimetismo praticamente perfetto, molto sensibile alle modificazioni ambientali, e per questo scomparso laddove l’agricoltura intensiva ha soppiantato quella tradizionale. Nidificano regolarmente anche il Corriere piccolo (Charadrius dubius) e il Cavaliere d’Italia (Himantopus hjmantopus), elegantissimo trampoliere dalle zampe lunghissime e dal caratteristico piumaggio bianco e nero e dal lungo becco che gli permettono la ricerca del cibo in acque profonde. Il Platani è l’unica stazione di nidificazione in provincia di questa specie, che depone le uova direttamente sugli argini o tra i ciottoli, e per questo è particolarmente esposta a vari predatori (cornacchie, cani randagi, volpi, ecc.). Si segnala anche la presenza del Germano reale e del Picchio rosso maggiore, che nella sua lenta ma costante espansione ha colonizzato anche alcuni rimboschimenti adiacenti il corso del fiume. Ma il Platani è soprattutto il regno degli abitatori più colorati dei nostri cieli, i Coraciformi, tra questi il Gruccione (localmente chiamato”pizziferru”), le cui colonie sono le più consistenti della Sicilia (oltre 500 coppie): essa è una specie sociale, distruttrice di insetti, in particolare vespe e calabroni, che sverna in Africa e colonizza falesie sabbiose dei fiumi o cave abbandonate, scavando gallerie all’interno delle quali depone le uova.
Altre rarità sono la splendida Ghiandaia marina, dal piumaggio azzurro-viola e nocciola, l’Upupa (Upupa epops), il Martin pescatore, oltre a vari rapaci: il Pellegrino, il Lanario, lo Sparviero, la Poiana (Buteo buteo), la Civetta (Athene noctua), il Gheppio (Falco tinnunculus) ma anche la rarissima Aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus) e il quasi estinto Grillaio.
Tra i rettili il bellissimo ed innocuo Saettone (Elaphe longissima), il Biacco (Coluber viridiflavus), la Biscia dal collare (Natrix natrix), il Grongilo, il Ramarro (Lacerta viridis), il Geco (Tarantola mauritanica), la vipera (Vipera aspis) e le due lucertole più comuni, la Podarcis sicula e la Podarcis wagleriana.
Negli ambienti umidi si possono riscontrare gli anfibi più comuni come il Rospo (Bufo bufo) e la Rana verde minore (Rana esculenta).
Tra la fauna terrestre si riscontra la presenza dei rari ed esclusivi Istrice (Hystrix cristata L.) e Martora (Martes martes), oltre che di: Donnole (Mustela nivalis L.), Conigli (Oryctolagus cuniculus L.), Lepri (Lepus corsicanus de Winton), Volpi (Vulpes vulpes L.), Ricci (Erinaceus europaeus L.), Chirotteri (pipistrelli), nella parte più interna del territorio il Gatto selvatico (Felis silvestris Schreber), e vari micromammiferi, ecc. Mentre, per quanto riguarda la fauna ittica, si riscontrano popolazioni di anguille, di tartaruga Emys, di pesci e molluschi.
Le acque del Fiume Platani, dopo aver attraversato la sua valle, arrivano finalmente alla foce, area dichiarata nel 1984 Riserva Naturale Orientata, (con Decreto del 04/07/1984 ai sensi dell’art. 7 dellla l.R. n° 98 del 06/05/1981), in un ambiente di incantevole bellezza, circondato ad oriente da Capo Bianco e dai ruderi di Eraclea Minoa e ad occidente da un fitto rimboschimento. Il territorio delimitato, con le due zone di Riserva (Zona A) e di Preriserva (Zona B), ricade nei territori comunali di Cattolica Eraclea e di Ribera e comprende la lunga fascia di litorale del promontorio di Capo Bianco sin quasi a Borgo Bonsignore. Nella zona A oltre alla spiaggia, con tipici cordoni dunali da trasporto eolico e marino, la Riserva racchiude una fascia di rimboschimento di proprietà demaniale e l’ultimo tratto del corso del fiume Platani, da cui appunto prende il nome.
Articolo tratto dal libro: "Sant'Antonino di Cianciana. Storia di una città di nuova fondazione", Anno 2007, scritto dall'Arch. Paolo Sanzeri.
Breve descrizione dell'opera: Il libro si occupa di descrivere Cianciana fin dalle sue origini, Che non coincidono con la data ufficiale di fondazione, ma inizia dall'età del bronzo fino ai primi del '900. Inoltre il libro Tratta dell'archeologia dell'architettura, dell'urbanistica, dell'arte, dell'ambiente e di altri temi inerenti il territorio comunale, in particolare del fiume Platani e della ex Rete Ferroviaria.
Il libro è disponibile presso il bookshop del Museo Civico.