Nella lunga contesa tra il Principe di Sant'Antonino ed il Principe di Resuttano, Signore di Alessandria, sono state prodotte, a fini di perizia tecnica, una serie di elaborazioni cartografiche, dalle quali è stato possibile estrarre delle utilissime informazioni circa l'utilizzo a scopi produttivi delle acque dei fiumi Turvoli e Platani, per attività finora poco documentate, in primo luogo una fitta successione di strutture e apprestamenti per l'esercizio della pesca, denominate pescarie.
Della serie di pescarie che affollavano il corso d'acqua che bagnava il territorio di Sant'Antonino è oggi possibile identificarne uno, ancora esistente lungo il Platani, quello alla confluenza tra il vallone Ciniè e il Platani; da Cianciana è raggiungibile mediante la strada statale 118, nel tratto Raffadali-Cianciana, che al km. 112, in corrispondenza del ponte sul Platani, consente di raggiungere il tratto di fiume ancora segnato dalla presenza di queste strutture.Fino a non molti anni addietro la pratica della pescagione fluviale lungo il Platani era molto frequente. Era rivolta alla cattura delle varie specie ittiche presenti, in prevalenza anguille, tant'è che le stesse strutture venivano alternativamente nominate anguillare,
La tecnica, rimasta pressoché invariata nel corso dei secoli, prevedeva lo sbarramento del fiume con il “il conso osia pescaria intrecciata di palaccione e pietre”, disposto a V con il vertice aperto rivolto verso valle. Nella strettoia che ne deriva, denominata passo, veniva posta la cannara o manica da pescare, consistente in un intreccio di canne che filtrava l'acqua e tratteneva i pesci i quali venivano storditi con la pratica dell'attasso in modo da ridurre la loro capacità di resistenza alla corrente. L'attassu consisteva nello spolvero in acqua di una sostanza narcotica di origine vegetale estratta dagli arbusti di firlazzeddu.Nelle fascellerie disposte in prossimità venivano lavorati le canne ed i giunchi necessari per la costruzione delle cannare.
E' ancora possibile riscontrare tale tecnica costruttiva, in particolare nella pescheria di Ciniè, in cui si vede il conso, di pietre e paletti in legno realizzato a perfetta regola d'arte. Questi interventi generavano il formarsi di piccoli laghetti artificiali che caratterizzavano con la loro sequenza questo tratto di fiume.
Le notizie documentarie sulle peschiere sono desunte dal carteggio del fondo Spadafora, riguardanti l'annosa contesa tra i Principi di Resuttano, signori di Alessandria, ed il Principe di Sant'Antonino di Cianciana, relativa al diritto di “pescare e far pescare” e in generale di utilizzo delle acque del fiume Platani. Ciò conferma l'interesse economico di questi impianti citati già all'inizio del XVII secolo.
Nel rilievo planimetrico del 1775, lungo il tratto del fiume Platani, compreso tra la confluenza del fiume Turvoli e quella del Vallone Ciniè, vengono identificate ben sette peschiere, cinque del Principe di Resuttano, e due, realizzate in quegli anni dal Principe di Sant'Antonino e Duca di Castellana e San Biagio, Agesilao Bonanno.
Articolo tratto dal libro: "Sant'Antonino di Cianciana. Storia di una città di nuova fondazione", anno 2007, scritto dall'Arch. Paolo Sanzeri.
Breve descrizione dell'opera: Il libro si occupa di descrivere Cianciana fin dalle sue origini, che non coincidono con la data di fondazione ufficiale, ma inizia dall'età del bronzo fino ai primi del '900. Inoltre il libro tratta dell'architettura, dell'archeologia, dell'urbanistica, dell'arte, dell'ambiente e di altri temi inerenti il territorio comunale, in particolare del fiume Platani e della ex rete ferroviaria.
Il libro è disponibile presso il bookshop del Museo Civico.