Nell'ambito delle emergenze architettoniche relative al periodo feudale, appare evidente la preponderanza delle opere finalizzate alle attività religiose su quelle laiche.
Ben poca cosa, soprattutto in confronto al complesso conventuale dei Frati Minori Francescani e a quello della Matrice, è il Palazzo Ducale degli Joppolo, episodio particolarmente significativo relativamente allo sviluppo urbanistico ma piuttosto modesto sul piano architettonico, il quale assume un aspetto di mastio, evidenziato, oltre che dalla strombatura del volume, da una porzione di cornicione appartenente all'antica copertura, era chiaramente visibile dal corso Vittorio Emanuele, asse cittadino per eccellenza, essendo la trazzera regia l'asse di penetrazione città-campagna.
Il Palazzo Ducale degli Joppolo si pone nel contesto urbano come emergenza che, assieme ad altre come il Calvario, la Chiesa Madrice, la Chiesa del Carmine, l'antico abbeveratoio, segna i margini del costruito.
L'edificio si inserisce in un tessuto urbano i cui caratteri architettonici sono ascrivibili tra il XVI e XVII sec., e non a caso occupa l'estremità ovest del Corso Vittorio Emanuele, zona più alta (380 mt. s.l.m.) non solo dell'abitato, ma anche di quasi tutto il territorio di Cianciana.
Assumeva perciò una posizione sicura e di dominio nei confronti oltre che del paese ad est, anche degli ex feudi e territori che si protraggono per chilometri oltre il fiume Magazzolo.
In questo periodo le case erano quasi tutte terrane, infatti se guardate dalle vicine campagne, presentavano le falde dei tetti in un’unica distesa discendente da nord a sud, solo interrotta qua e là dagli edifici delle chiese e delle poche palazzine dei borghesi.
In questo periodo le donne del popolo portavano i capelli tratti all’insù della fronte all’indietro e quivi avvolti in forma di piccoli toppè; portavano strette sottane di fustagno o di tessuto casalingo, raccolte in larghe ed irregolari crespe e trattenute sulle spalle da straccali a croce; indossavano sterminati grembiuli di tela, che lasciavano appena libera la parte posteriore del fondoschiena; bianche mantelline di rude saia o i lungi manti di cattivello.
Invece gli uomini portavano brache, spesso negligentemente sfibbiate al lembo inferiore e coi cinturini pendenti; giacchetti di fellone o di albascio; bianchi berretti di cotone o quelli di Padova dal colore marrone o verdognolo.
Le condizioni di disagio sociale ed economico del periodo in questione, si evincono anche dal consumo dei generi alimentari: la vendita della carne di un solo castrato si prolungava per almeno una settimana; non esisteva il mercato della vendita della carne bovina; la vendita delle paste di Napoli e nostrane erano quasi inesistenti; il mercato del pesce, dei caci ed altro era poco significativo.
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Articolo tratto dal libro: "Sant'Antonino di Cianciana. Storia di una città di nuova fondazione", Anno 2007, scritto dall'Arch. Paolo Sanzeri.
Breve descrizione dell'opera: Il libro si occupa di descrivere Cianciana fin dalle sue origini, Che non coincidono con la data ufficiale di fondazione, ma inizia dall'età del bronzo fino ai primi del '900. Inoltre il libro Tratta dell'archeologia dell'architettura, dell'urbanistica, dell'arte, dell'ambiente e di altri temi inerenti il territorio comunale, in particolare del fiume Platani e della ex Rete Ferroviaria.
Il libro è disponibile presso il bookshop del Museo Civico.