Pietro Ioppolo Gianguercio, figlio primogenito di Antonio Giuseppe, sposò Agata Spadafora Mastrilli di Ludovico e Pellegra Mastrilli.Premorì al padre. Il suo testamento è agli atti del Notaio Paolo Mottola di Palermo portante la data del 18 novembre 1705.
Ludovico Ioppolo Spadafora, in data 29 febbraio 1716, per la morte e come figlio secondogenito di Pietro Ioppolo Gianguercio, stante la morte di Antonino suo fratello, figlio primogenito di detto Pietro ed in esecuzione del testamento paterno del 11 novembre 1705, conservato dal Notaio Paolo Mottola in Palermo, s’investì del Principato di Sant'Antonino, un tempo Barone di Cianciana, con aggiunte 7 aratate di terra appartenenti allo stesso territorio. S'investì anche del Ducato e Terra di San Blasi e dei feudi di Galdoneri e Mandrili dei membri e pertinenze del Marchesato di Favara o Baronia di Muxiaro o Terra di Sant'Angelo.Sposò Isabella Pescatore, figlia del Marchese della Rosa. Fu Colonnello di un Reggimento di Cavalleria, morì in Africa ad Orano, nel luglio del 1732, in guerra contro i mori.La vedova sposò il cognato Diego Ioppolo Spadafora, il quale fù Gentiluomo di Camera e Tenente Generale nell'esercito spagnolo. Morì senza figli in Spagna, nella provincia di Quipuscoa, dove era Governatore e Capitano Generale.La notizia del suo decesso si è avuta in Palermo in data 10 marzo 1763.
Pietro Ioppolo Pescatore s’investì del Principato di Sant'Antonino e 7 aratate di terre appartenenti allo stesso, in data 21 luglio 1733, nella qualità di successore di proprio diritto come figlio unico ed erede universale e per la morte del padre Ludovico, in base al testamento firmato nel campo di Orano ed indi depositato agli atti del Notaio Ignazio Marques de Guevara di Siviglia (Spagna), transuntato agli atti del Notaio Ignazio Lanteri di Palermo il 12 novembre 1732.S'investì anche del Ducato e Terra di San Blasi e dei feudi di Galdoneri e Mandrili.Essendo egli minorenne, la madre, rappresentò il figlio come balia e tutrice.Fu in Spagna Tenente delle Guardie Valloni, Colonnello di Cavalleria di quelle truppe, Cavaliere di Devozione dell'Ordine di Malta, fu insignito della Grandea di Spagna.Morì a Napoli, senza figli, in data 29 febbraio 1768. Fede della Parrocchia di Santa Maria di Tutti i Santi di Napoli, transutata in Palermo, agli atti del Notaio Benedetto Caramboli il 2 aprile 1768.
Agesilao Bonanno Ioppolo s’investì, il 28 febbraio 1769, del Principato di Sant'Antonino e delle 7 aratate di terra ad esso appartenenti, nella qualità di successore jure proprio, per la morte senza figli legittimi e naturali di Pietro Ioppolo, suo cugino, per la media persona di Antonina Ioppolo Spatafora, madre di Agesilao, sorella di Ludovico suddetto e figlia di Pietro Ioppolo, seniore, che nel 1720 sposò Melchiorre Bonanno Afflitto, Duca di Castellana.S'investì anche del Ducato e Terra di San Blasi e dei feudi di Galdoneri e Mandrili.
Nacque da Melchiorre Bonanno Afflitto, Duca di Castellana e da Antonina Ioppolo Spatafora. I dotali di essi sono presso il Notaio Paolo Mottola di Palermo con data 25 gennaio 1708.Antonina morì a Palermo il 9 aprile 1758, è sepolta ai Cappuccini.Agesilao sposò Antonia Massa Caccamo di Cristofaro, Duca di Casteldaccia e di Rosalia Caccamo Branciforte.Con diploma dell’aprile 1769 ebbe confermata la Grandea di Spagna di prima classe. Fu a Palermo nel 1737 Governatore della Compagnia della Pace; Governatore del Monte piccolo di S. Venera nel 1782; Pretore della Città di Palermo nel 1769-70, nominato il 5 settembre 1769[1]; Capitano di Giustizia nel 1760-1761; Governatore del Monte di Pietà negli anni 1740, 1744, 1745, 1757, 1763, 1764; Rettore titolare del Grande Ospedale nel 1766; Vicario Generale del Regno per la incetta dei frumenti nel 1763; Consigliere del supremo Tribunale di Commercio; Deputato del Regno, nominato nel 1770; Proprietario Signore del diritto del Pubblico Macello di Palermo.Agesilao Bonanno appartenne all’aristocrazia siciliana illuminata del Settecento fortemente arricchitasi per le favorevoli condizioni economiche del tempo. Nella città di Palermo rivestì diverse importanti cariche istituzionali e partecipò a numerose inziative di carattere associativo, religioso e imprenditoriale.Uomo colto e amante del bello, sostenne anche alcune iniziative culturali e praticò attività artistiche.Amante della cultura illuminata e intenditore di pittura, possedeva una ricca e interessante quadreria con tele di grandi autori tra cui Mattia Stomer, il palermitano e poco noto Datini, Pietro D’Asaro e altri.[2] Ci si può chiedere dove era la casa del Principe di San’Antonino con la quadreria? La famiglia Bonanno aveva diverse abitazioni. Una grande casa si trovava nella zona di fronte alla cattedrale, in Via Castellana. Del magnifico Palazzo che proprio Agesilao aveva ristrutturato, non rimane nulla perché fu distrutto dalle bombe degli alleati nel 1943.In contrada Noce, oggi in via Noce n° 54, Agesialo Bonanno, duca di Castellana e principe di S. Antonino, possedeva una casena con “nobil podere”, della prima metà del Settecento. Verso il 1830 venne trasformata in villa residenziale da Giuseppe Emanuele Ventimiglia, principe di Belmonte. Conosciuta oggi come Villa Belmonte alla Noce, la costruzione neoclassica eretta su disegno del frate cappuccino Giovanni Battista La Licata, detto anche Fra Felice, ha sostituito le strutture settecentesche delle quali non resta nessuna traccia. Non si conosce dove siano andate a finire le tele che vi si conservavano.Agesilao Bonanno fu prodigo verso P. Fedele, il quale gli dedicò un libro si tratta di un “Siciliano Componimento Poetico Morale” intitolato Lu giuvini addottrinatu, pubblicato nel 1774 per i tipi di Giovanni Battista Gagliani di Palermo. Nell’affollatissimo frontespizio del libro di piccolo formato (cm 9 x 15), c’è anche un lungo sottotitolo che non solo indica la motivazione che ha guidato e spinto l’autore a pubblicarlo, ma anche fornisce alcuni dati sull’opera: Pri nun attaccarisi a li Vanità di stu munnu; /in Versu ottenariu, ed in Lingua Siciliana,/ Cu l’Aggiunta di multi Proverbij, / uniformi a chiddi di la / SAGRA SCRITTURA.Nel mezzo in risalto spicca il nome dell’autore: DA LU / P. FIDILI DI S. BRASI / PREDICATURI CAPPUCCINU.Nella pagina a seguire c’è una incisione, questa con la firma Garofalus sculp, realizzata con grande ricercatezza di elementi grafici. L’ovale del ritratto è inserito entro una cornice rettangolare e poggia su una mensola su cui è inciso il nome del personaggio: D. AGESILAO BONANNI / DUCA DI CASTELLANA.A questo illustre aristocratico della nobiltà siciliana del tempo è dedicato il libro come si legge nella lunga intestazione dedicatoria posta nella pagina accanto: ALLA GRANDEZZA / DEL SIGNOR / D. AGESIALO BONANNI / GRIFASI, JOPPULO, GIANGUERCIO / E SPADAFORA / PRINCIPE E DUCA DI S. BIAGIO, / DI S. ANTONINO, E DI CASTELLANA. In caratteri più piccoli l’autore aggiunge tutti gli altri possedimenti: Signore delle Baronie, Stati, terre e Feudi di S. Biagio, Cianciana, Regattano, Gualdonieri e della Masseria e Territori di Quaranta, Tagliavia, S. Giorgio e della Noce, &.[3]P. Fedele, ancora, nelle pagine III-VIII, usando le esagerazioni proprie dello stile del tempo, si diffonde in barocche espressioni laudative. Rasentando l’adulazione spiega perché ha scelto di dedicare il libro “alla grandezza ed al merito impareggiabile di quel Signore che della mia fortunata patria è il duca, padre e padrone”. Il Bonanno è “un granduato eccelso Principe, Consigliere del commercio del Consiglio di S. R. M., un Grande di Spagna di Prima Classe”, appartenente a una famiglia che in Europa ha dato numerosi personaggi illustri in vari campi. Per le sue doti morali e meriti, il Re gli ha affidato importanti incarichi pubblici nell’amministrazione della giustizia e nel governo della città di Palermo. Allo scrittore cappuccino, in particolare interessa mettere in risalto il suo impegno profuso “verso la manutenza e buona riuscita della Gioventù nelle scienze e buone arti, come ugualmente nei buoni costumi….Un animo grande dunque, qual è il suo, e d’alto sapere fornito e delle scienze e delle muse amicissimo, che una singolare pietà nutre e conserva per le cose divine….”. nelle fasi conclusive, lo definisce “ un tanto distinto Mecenate”.Forse il Duca di San Biagio, Principe di S. Antonino, Agesialo Bonanno non andò mai nè a San Biagio né a Cianciana.Amministrò il paese tramite amministratori. Un legame tra San Biagio e il suo Duca è costituito da P. Fedele che frequenta la sua casa e lo elogia nei suoi libri che lo scrittore può pubblicare grazie alla sua generosa sponsorizzazione, fortunato ad avere incontrato un principe colto ed illuminato. Agesilao morì a Palermo il 13 gennaio 1795, a 84 anni di età, come risulta da fede rilasciata dalla Parrocchia Di San Nicolò La Kalsa. Fu sepolto nella Chiesa di san Giuseppe dei Padri Teatini ai Quattro Canti di Città, dove viveva suo fratello Antonino sacerdote che aveva abbracciato la regola di San Gaetano da Thiene.Dal suo matrimonio nacque la sua unica figlia Maria Bonanno e Massa, la quale sposò il 6 giugno 1764 Giovanni Gioeni Valguarnera, Duca d'Angiò, Principe di Solanto, l'attuale Petrulla, nato a Palermo nel 1740. Giovanni Gioeni fu Maestro Razionale del regno; Intendente Generale delle Truppe; Governatore del Monte nel 1769-1770, Deputato del regno nel 1768 e 1770; Gentiluomo della Camera.
La Principessa Maria Bonanno premorì al padre Agesilao, in Palermo il 24 ottobre 1790, ed è sepolta alle Cappuccinelle, suo marito il Principe Giovanni morì a Palermo il 2 novembre 1797 ed è sepolto ai Cappuccini.
[1] Gioacchino di Marzo, a pag. 197 del volume Biblioteca Sicula, alla data del 3 gennaio 1770, è riportata la notizia della visita fatta dal Senato della città in occasione della nascita di un figlio maschio da Maria Bonanno e Massa, figlia del Pretore e moglie di Giovanni Gioeni, principe della Petrulla. “….Pensarono i senatori fare un uffizio al loro pretore duca di Castellana, col visitare in forma di senato la detta dama partorita. E così in fatti eseguirono, drizzandosi dalla casa del barone Calvello, come priore del senato, vestiti di gala in giamberga, e non in abito di corte, dentro le loro proprie carrozze, facendo così la funzione in casa di detto principe Gioeni, senza mazzieri e contestabili, ma solo accompagnati dal sindaco e dal cancelliere del senato. Furono trattati con due sorti di sorbetti in casa Calvello; e l’istesso trattamento ricevettero in casa della principessa. E il tutto fu eseguito senza l’intervento e scienza del pretore: ma intanto ne fu da lui gradito estremamente l’uffizio.La banda intanto degli strumentisti del senato si fece trovare in casa del principe Petrulla, e quivi fece ella la sua sonata e le solite festive sintonie. Vi si trovarono il mazziere ed alcuni contestabili, ma in forma privata. Il solo senatore Giuvengo non v’intervenne per causa di lutto in morte della marchesa di Longarini, sua zia”.
-Un piccolo accenno al Pretore Agesilao Bonanno si trova in una lapide posta sotto una statua dell’Immacolata collocata nella camera dei congressi del palazzo comunale di Palermo. Agesialo Bonanno pretore di Palermo unitamente alla giunta dei deputati del regno curarono i lavori per adornare la statua dell’Immacolata che nel 1691, un suo antenato Antonino Giuseppe Joppolo pretore di Palermo con la giunta del tempo aveva fatto porre in una delle sale del palazzo pretorio.
[2] Padre Fedele che conosceva la Casa che Agesialo Bonanno possedeva e che aveva ricostruita alla Noce, ci da alcune notizie nei Dialoghi familiari sopra la pittura….. Parlando di Mattia Stomer, verso il quale lo scrittore nutre una grande ammirazione che non nasconde, rispondendo alla domanda del suo interlocutore D. Pio sulla presenza di sue opere a Palermo, scrive: “Ve ne sono molti, ma non di tutti so dove esistono. Se volete vederne uno celebrato da tutti, andate nella Chiesa della Compagnia di S. Domenico dove si trova il già narrato del famoso Vandic nell’altar maggiore; e nella nave, ove altri ve ne sono di valenti virtuosi, vedrete un Cristo alla colonna dello Stomma, che il solo impasto delle carnagioni vi rapirà di meraviglia. Di questo famoso autore ne troverete altri due in Casa del Sig. Conte Federico, che sono originali, cioè Seneca svenato e Catone ucciso, delle quali vi sono molte copie in Palermo in varie case dei Signori, che credono essere originali. Intanto il mio parere sarebbe d’essere certamente originali quelli che hanno tanto il signor Duca di Castellana e S. Biagio nella sua Villa della Noce, quanto il Signor Barone Maria ….” (p. 171).Anche nel rispondere alla stessa domanda avanzata da Don Pio sul conto del pittore palermitano Datini, nipote di Giacinto Calandrucci, P. Fedele afferma che ne conosce tre, due erano in Cattedrale, “il terzo poi trovasi in una Anticamera del Signor Duca e Principe di Castellana, S. Biagio e S. Antonino, che rappresenta la Samaritana che parla col Nazareno vicino al pozzo, qual è più passabile degli altri due” (p. 233).
Anche in un altro brano dei Dialoghi P. Fedele parla della presenza di pitture di Pietro d’Asaro nella stessa casa della Noce: “…Che se poi vi piace osservare altri suoi quadri di paesi, frutta, fiori, ed animali, bisogna girare per l’anticamere dè nostri Principi, Duchi, Marchesi, Conti e Baroni. In due anticamere del Signor Duca di Castellana e di S. Biagio, Principe di S. Antonino & c. ne troverete molti di buon gusto: ma oscurati ancora, sopra le portiere, ristretti e accomodati; come nella casa del signor Principe di Carini ve ne sono alcuni ripieni di figurine; ed in altre case dei nostri Signori che non mi rammento bene” (p. 207).
[3] Degli altri possedimenti e case, dei Duchi di Castellana e S. Biagio, Principi di S. Antonino, fuori le mura, si ricorda il caseggiato agricolo, chiamato la Masseria Castellana, d’impianto cinquecentesco, appartenuto alla fine del Seicento a Don Diego Joppolo e nel Settecento ad Agesilao Bonanno.