Fra le tante strade di Sicilia descritta nell’Itinerarium Antonini, ve ne era una lunga 175 miglia, che collegava Agrigento a Lilibeo, dopo avere toccato Palermo.
 
Nel primo tratto, lungo appena 85 miglia, si incontravano le stazioni di: Pitiniana a nove miglia da Agrigento; Comitiana dopo altre ventiquattro miglia; Petrina a quattro miglia dalla precedente; Pirana equidistante ventiquattro miglia da Petrina che da Palermo.

Considerato che una via di 85 miglia (Km. 125 circa) tra Agrigento e Palermo non poteva discostarsi molto da una linea diretta, appare chiaro che tale strada doveva attraversare necessariamente l’agro ciancianese, che si estende proprio a nord nord-ovest da Agrigento.
Per attraversare l’agro ciancianese, tale strada doveva anche attraversare quello di Raffadali e i ritrovamenti fatti a Torrevecchia di Modaccamo attestano l’esistenza di una città romana che alla luce dell’Itinerarium Antonini fu ravvisata con la stazione Pitiniana, come da intuizione di M. Lapie, da G. Calderone e da S. Raccuglia. Fra le tante vie che un tempo si dipartivano da Agrigento, una, a circa 200 metri dalla Porta Addolorata, si staccava dalla strada armentizia Agrigento-Cattolica Eraclea e, correndo in direzione nord nord-ovest, atrraversava il fiume Akragas e la località Realturco e si immetteva in agro di Raffadali, percorrendo prima la località Buaggini, poi l’abitato, quindi le contrade Manarisi, Beddi, Rognosa, Modaccamo e Grotticelle.1
Accertata l’esistenza della trazzera, di cui si riporta il tratto Agrigento-Cianciana, si calcola la lunghezza dalla Porta Addolorata di Agrigento sino all’altezza della contrada Terravecchia-Grotticelle, contando circa Km. 14,500, pari pressappoco a miglia 9,8, la quale misura eccede di poco quella dell’Itinerario.
Siccome l’antica via partiva dalla vecchia Agrigento situata più a sud-est nella Valle dei Templi, tale eccedenza ammonterebbe, in complesso, a poco più di un miglio, ma non va dimenticato che, non dovendo allora toccare Raffadali, la strada nel tratto Buaggini-Manaresi, potesse risultare almeno 400 metri più breve, per non parlare di altri più dritti percorsi, successivamente abbandonati per smottamenti e frane.
E poi, anche se il 9° miliario cadeva qualche centinaio di metri prima di Pitiniana, tale frazione sarebbe stata trascurata, figurando nell’Itinerario solo valori interi.
A diversi studiosi non sono sembrate molto precise le distanze dell’Itinerarium: per l’ubicazione delle città occorre tener presente molti altri fattori.1
Nel caso di Pitiniana, se è già molto significativo che la differenza tra le due distanze sia trascurabile, quello che più ci spinge a ritenere Pitiniana a Terravecchia è dato dai numerosissimi resti, da tutti riconosciuti romani, e dalla posizione geografica della contrada, che unitamente a quella di Grotticelle, si estende proprio lungo la stessa direzione che, per ragioni di brevità l’antica via doveva tenere.
Un altro valido motivo a sostegno della posizione a Terravecchia scaturisce dal confronto dei tracciati alternativi proposti dagli studiosi dell’Itinerarium.
Come si desume dal recente lavoro di Eugenio Manni, alcuni ne identificano le città rispettivamente con: Agrigento – Aragona – Cammarata – Castronovo – Vicari e Palermo, e Manni stesso, pur con qualche perplessità, propende per questo tracciato.
A questo schema, però, il prof. Verbrugghe ne contrappone un altro: Agrigento – Raffadali – S. Stefano Quisquina – Prizzi – Marineo – Palermo, che, sin dall’inizio, punta più direttamente per Palermo e risulta più conforme alle distanze indicate nell’Itinerario, comprese quelle intermedie.
Un altro elemento determinante a sostegno della nostra tesi ci giunge da una sensazionale scoperta archeologica, avvenuta negli anni Cinquanta del secoloXX, in una campagna di Corleone: durante alcuni lavori di scavo, a poca distanza da una regia trazzera, in contrada Zuccarone, è stato portato alla luce il “primo miliario” sinora rinvenuto in Sicilia, apposto, durante il primo consolato di Aurelio Cotta (252 a.C.), proprio lungo la strada, che sin d’allora, collegava Panormus con Agrigentum, a cinquantasette miglia da quest’ultima.
Il miliario riporta il nome del promotore, il console Aurelio Cotta e le miglia 57 (84 km. circa). 2
Con altro metodo comparativo, cioè interrogando sull’ordinamento delle trazzere del suo tempo proprietari terrieri e custodi di bestiame, vetturali e commercianti, Calderone era giunto alla conclusione che la strada punico-romana Agrigento-Palermo seguisse la linea più breve di esse. Percorrendo l’itinerario all’inverso, dal ponte dell’Ammiraglio, a Palermo, e risalendo la trazzera attraverso Misilmeri, Bolognetta, Marineo, Godrano, seguiva dal quadrivio di Cutemi per contrada Giardo la biforcazione “più diretta” per Agrigento, che “correva per Mendolotta, Monaci, Raja, toccando Prizzi a levante; alla Filaga, Fondaco di Leone, Monte Averno, Bivona, Alessandria della Rocca, a ponente Cianciana...”. Calcolava secondo questo itinerario da Palermo a Prizzi km. 52,700.3
Calando nel tragitto le cifre dell’itinerario, localizzava Pirina sul Monte Marabito presso Cutemi, mentre spostava Petra ad Alessandria della Rocca.
Riteneva infine che Comiciana fosse da identificare sul colle Cincianìa-Ciancianì-Cianciana.
L’assunto portato avanti da Calderone viene ad avere ulteriormente i suoi punti di forza mediante le “carte storiche” che rappresentano la Sicilia nei secoli XVI-XVII. In questi secoli l’interesse degli eruditi e del pubblico colto verso le testimonianze dell’età classica sollecita in ambito geografico la produzione di carte storiche in cui presentare, su moderne basi cartografiche, i toponimi di città, monti e fiumi riportati dalle fonti e quelli recuperati dagli studiosi di topografia antica con l’esplorazione diretta dei luoghi ed il loro riconoscimento in base alle descrizioni letterarie, al ritrovamento di monete e iscrizioni e all’analisi etimologica dei nomi moderni per ritrovarvi traccia degli antichi. Sul modello cartografico di Gastaldi, Abraham Ortelius produce nel 1584 una carta storica della Sicilia in cui fa confluire gran parte delle acquisizioni topografiche tradizionali e delle precisazioni filologiche fornite da Tommaso Fazello. Il tipo viene riproposto per tutto il ‘600 da una serie di carte derivate (Jansson 1630, Volckamer 1689). Un secondo tipo è prodotto nel 1619, su un modello in gran parte corretto in base ad osservazioni personali, da Philip Cluver che lo allega in due versioni, con toponimi in greco ed in latino, alla sua opera di grande erudizione storica e topografica, frutto di anni di esplorazione diretta sul campo. Il successo si prolunga per tutto il ‘700 in varie carte derivate spesso inserite in opere storiche e periegetiche (Briet 1649, Bochart 1692, Burigny 1745, Pancrazi 1751, Desnos 1764, De Borch 1778). Il terzo tipo è presentato nel 1714, sul modello cartografico, da Guillaume Delisle che vi inserisce per la prima volta la rete viaria romana tratta dagli itineraria e vi riporta le informazioni delle carte precedenti, in parte emendate ed aggiornate. Le carte derivate seguono fino alla metà del secolo (Weigel 1720, D’Anville 1740, Blair 1754).
Quindi, a partire dalla carta storica del Delisle, la rete viaria romana che congiungeva Agrigento con Palermo viene posta a sinistra dei colli Gemelli, nell’area occupata dalla Massa Cinciana, area che veniva denominata “Comiciana”.
Cianciana era collegata con gli altri centri limitrofi e con Palermo e Agrigento mediante le Regie Trazzere, che si sovrapponevano alle strade romane, queste le distanze che intercorrevano tra Cianciana e:
- Alessandria della Rocca, km. 6.000;
- Bivona, km. 12.000;
- S. Stefano Quisquina, km. 15.000;
- Palermo, km. 95.000;
- Agrigento, km. 35.000.