La tradizione storiografica vuole che la "Massa o Villa Cinciana" fosse di proprietà del patrizio romano Lucio Cincio Alimento. Dalla denominazione originaria di  venne il nome del casale di Chincana, Chincave o Chancana; toponimo nato dopo la “Massa” o “Villa” o che il casale non sia la stessa Massa ingrandita di case e di abitanti, in seguito posseduta dalla Magna Regia Curia, con quella di Milano e di Ravenna, di tanta parte dei territori posseduti dai patrizi romani.
La Chiesa quindi gestiva vasti possedimenti detti allora “patrimonia”; i patrimonia constano di fondi (fundi), dei quali parecchi uniti formano un tutto, detto massa, donde la nostra voce massaria. Questi fundi e masse hanno nomi propri, stabili, desunti dai nomi dei loro antichi possessori romani, con la desinenza in anus o ana, la loro posizione è designata per mezzo delle città, al cui territorio appartenevano, dei quali si hanno i nomi degli attuali comuni di Giuliana, Siculiana e Cianciana.
Sono città sorte entro delle proprietà rurali, e i relativi proprietari sono indicati con i nomi di: Calvisiana è originariamente la proprietà di un Calvisius, governatore della Sicilia; Petiliana di un Petilius, cavaliere romano che aveva grandi beni in Sicilia al tempo di Verre; Corconiana di un Corconius; Colloniana di un Collonius; Cinciana di un Ciuncius e precisamente di Lucius Cincius Alimentus, pretore in Sicilia nell’anno 210 a.C.. In gran parte del territorio dell’interno della Sicilia, alcune famiglie romane avevano dei possedimenti, che diedero origine a centri abitati. Pochi nomi si sono al riguardo conservati, tra questi possiamo citare Philosophiana e Petiliana. La scomparsa degli altri fu dovuta alla conquista saracena.
Nell’Italia meridionale le cose andarono diversamente, poiché i nomi moderni che terminano in –ano abbondano.
Condizioni simili a quelle della Sicilia vi erano non solo in Italia, ma anche nelle altre parti dell’impero romano, come in Gallia e in Africa. In Gallia dal nome del proprietario in generale si formano dei nomi geografici, in -acus, e così alcuni nomi delle città francesi terminano spesso in –ac, alcune nel meridione in –an, corrispondente alla forma italiana in –ano. Il fatto però è lo stesso: dai latifondi sono nate le città minori nella Gallia, nell’Africa e nell’Italia. Nella Sicilia ciò è avvenuto particolarmente nella parte centrale e meridionale, dove l’esistenza di lunghe vallate facilitava la formazione di proprietà più estese. Invece la parte orientale e settentrionale non hanno simili nuove creazioni, ma vi hanno perdurato le città antiche.
Da analizzare è la categoria di toponimi forse più comune e nota dell'Italia peninsulare: i prediali latini (o romani, se si vuole porre l'accento sul contesto storico entro cui si iscrive il fenomeno linguistico) in -anum, -ana. Essi sono costituiti come si sa da un originario aggettivo, composto dal suffisso -anum, -ana applicato ad un tema formato dal gentilizio o dal nome personale1 dell'antico proprietario di un appezzamento di terra. Quando il suffisso è -anum va sottinteso un termine maschile (all'acc.) o neutro: praedium, o anche fundus, anche se talora non si possono escludere campus, ager, hortus, saltus, rus.
Quando invece è -ana può essere sottinteso un sostantivo femminile quale massa (che, ricordiamo, nella terminologia della Sicilia imperiale e tardoantica designa generalmente un'aggregazione di fondi rustici2, oppure statio, villa o domus, in casi più rari aedes, casa, colonia, fìg(u)lina, turris, e talora non sia da escludere l'ipotesi di un neutro plurale tipo praedia.
Questo genere di toponimi, che in Italia,  è estremamente diffuso e studiato, per quanto riguarda la Sicilia è stato forse in parte trascurato, in quanto si è sempre ritenuto che nella nostra regione si sia conservato un numero insignificante di prediali in -anum, -ana, e, pur non escludendosi l'ipotesi che essi fossero stati in origine numerosi e diffusi su tutto il territorio dell'isola, in particolare probabilmente nell'età imperiale e tardoantica, si ritiene pressoché concordemente che siano stati successivamente cancellati in maniera pressoché totale dall'arabizzazione. Adolfo Holm raccolse i pochi che riuscì a riscontrare nella toponomastica siciliana a lui contemporanea (in tutto una dozzina, tra cui quattro sicuramente da escludere)3.
Ancora in un convegno del 1980 Caracausi, riferendosi sempre ai prediali in -anum,-ana tuttora riscontrabili nella toponomastica siciliana, ne elenca soltanto una decina: Calviano, Capezzano, Cianciana, Favignana, Cagliano, Giarratana, Giuliana, Grignani, Siculiana, Soriana. .
Questi nuovi centri prima furono le residenze dei signori, e poi intorno ad esse si vennero a poco a poco agglomerando con altre abitazioni.
Le comunità agricole, promosse alla dignità di “masse”, quando raggiungevano la dimensione di piccoli villaggi, prendevano nome dal patrizio romano che le governava. Così, (cfr l’Itinerarium Antonini), in prossimità del’Alicus si trovavano la Pitiniana e la Comitiana; lungo il tratto di strada Agrigento-Catania, erano la Corconiana e la Colloniana; la Filippina era a Sabucina, la Capitoniana, oggi Capezziana, si trovava sul confine est della Piana di Catania; la Petiliana, nella zona di Ramilla, nei pressi di Delia; la Calvisiana a Gela, la Filosofiana o Sofiana, sulla strada Agrigento-Catania; la Cincìana, in contrada Ciancianìa di Cianciana.