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Fino al 26 febbraio, al Teatro della Contraddizione di Milano va in scena "Cianciana", toccante tragicommedia sull'immigrazione. I miei occhi piangono - scrive Laurie Anderson in una delle sue poesie - da un lato sono lacrime di dolore, dall'altro lacrime d'amore. Prendiamo in prestito le parole della musicista statunitense, moglie di Lou Reed, per descrivere le forti emozioni che suscita lo spettacolo Cianciana, in scena al Teatro della Contraddizione fino al 26 febbraio. 
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Opera di teatro civile, dal ritmo incalzante e coinvolgente, racconta in chiave tragicomica l'evoluzione (o involuzione?) dell'emigrazione dalla Sicilia al Nord d'Italia, dagli anni Quaranta ai giorni nostri, partendo da Cianciana, piccolo paese nell'agrigentino. Sul palco tre eccellenti attori - Angelo Abela, Marco Pisano ed Eugenio Vaccaro - dotati di una notevole vocalità, di una corporeità e di una mimica facciale particolarmente comunicative. Emblematica la scena degli ombrelli: usati come separé, servono per rappresentare sia la voce dei contadini, che si mostrano a volto scoperto, sia la voce dei padroni, che si nascondono dietro maschere o che svelano solo le estremità del corpo (un baciamo le mani che diventa un baciamo i piedi).

Dialoghi in dialetto, Cianciana è un testo che tocca diversi argomenti: dalle lotte contadine alla mafia e ai suoi rapporti con lo Stato, dal dramma della separazione tra chi parte e chi resta alla visione distorta e pittoresca della Storia che hanno i discendenti degli emigranti in America. Una piccola perla del teatro indipendente che si chiude tra le commoventi note di Quannu moru di Rosa Balistreri, preziosa voce della musica popolare siciliana.

Piango raramentemente per un film. Non avevo mai pianto a teatro. Mai. Prima di aver visto Cianciana. Da non perdere.