
"Cianciana" racconta la storia di un'epoca scritta dal sudore di chi l'ha vissuta, di chi ha provato a cambiarla, di chi ha voltato pagina e di chi continua a gridare per non piegarsi alla rassegnazione: la storia della Sicilia contadina, rivoluzionaria, emigrante, della Sicilia che sconfitta da se stessa trova nella fuga il modo per rialzarsi, "perché la domanda non è perché partire, la domanda è perché restare".

"Cianciana" racconta la storia di un'epoca scritta dal sudore di chi l'ha vissuta, di chi ha provato a cambiarla, di chi ha voltato pagina e di chi continua a gridare per non piegarsi alla rassegnazione: la storia della Sicilia contadina, rivoluzionaria, emigrante, della Sicilia che sconfitta da se stessa trova nella fuga il modo per rialzarsi, "perché la domanda non è perché partire, la domanda è perché restare".
Lo spettacolo si sviluppa sulla linea di immagini pulite, statiche, scarne pur nella loro complessità. I tre attori non abbandonano mai la scena che si riempie solo della loro presenza e di una scenografia simbolica, come ad esempio la struttura architettonica creata con ombrelli gialli, il cui mutamento nel corso dello spettacolo ne scandisce i tempi e le fasi. La fluida interazione verbale tra i tre attori disegna scorci di una realtà che sembra prendere forma sul palco e si sviluppa nella precisione di immagini dal forte potere evocativo, delle voci e dei suoni che descrivono il lavoro sui campi, gli applausi ai comizi politici, le risate tronfie dei baroni, gli aratri pronti alla rivolta, il cicaleccio delle comari di paese, le nebbiose industrie torinesi. La storia dei contadini di Cianciana è un racconto di catene chiuse e spezzate, che ha inizio in una prigione fatta di cielo e sconfinati ettari di terra, le cui sbarre sono costituite da "la Legge", e che per chi non ce l'ha fatta si conclude nel carcere di Torino, tra rancori più tangibili delle stesse sbarre. Lo spettacolo racconta ogni fase della storia della rivoluzione contadina in Sicilia. Racconta il senso di oppressione e d'impotenza di fronte alle ingiustizie baronali; la presa di coscienza di una possibile via di fuga nella rivoluzione "la legge ora è nuova, la legge vostra muore, la legge nuova ha il nostro nome, sarà sangue nostro dentro le vostre facce vuote"; la rivoluzione in atto con i suoi eroi, le sue ragioni, i suoi 100 aratri che in nome della legge si arrestano e in nome della Costituzione si rimettono in marcia; la "Sicilia europea" esaltata quanto svilita dai luoghi comuni della gente; della "fuga" verso una terra promessa in cui il diritto al lavoro costituzionalmente tutelato sembra poter trovare un'applicazione concreta; degli arrivederci alla famiglia, della semplice, dolce nostalgia di casa, delle "telefonate telefoniche articolate"; di chi è riuscito a ricominciare, di chi, pur sradicato dal proprio paese natale, ha trovato il modo e la forza per costruirsi una vita nuova e racconta di chi non può smettere di ripetersi "Cianciana era bella! Cianciana bella era! La mia terra è stata rapinata!"
Ispirato a Terra di rapina di G. Saladino, lo spettacolo ripercorre attraverso un romanticismo poetico e amaro, lo scontro politico degli anni '40 sul tema della riforma dell'agricoltura e mette in risalto il risvolto umano di provvedimenti legislativi appartenenti a politiche opposte, quali la legge Milazzo e la legge Gullo, l'una che affidava le terre esclusivamente a coloro che possedevano complesse infrastrutture per coltivarle, l'altra, unico provvedimento in quegli anni a favore dei contadini, che garantiva a questi almeno il 50 per cento della produzione che andava divisa, che permetteva l'occupazione dei terreni incolti o mal coltivati rilasciato alle cooperative agricole di produzione, che dava un'indennità ai contadini per incoraggiarli a consegnare i loro prodotti ai magazzini statali, ribattezzati granai del popolo, che prorogava tutti i patti agrari per impedire ai proprietari di sbarazzarsi nell'anno successivo dei loro affittuari, che proibiva ogni intermediario tra contadini e proprietari.
"Cianciana", in programma il 31 marzo al Teatro Quirino, rappresenta il risultato "umano" di tali testi giuridici che hanno contribuito a decidere le sorti di una popolazione e che hanno scritto la storia del fenomeno migratorio in Italia che da più di mezzo secolo caratterizza l'economia e la cultura del nostro Paese.