Repubblica — 23 luglio 2002 pagina 6 sezione: PALERMO
Anche nelle campagne dell' Agrigentino un covo dell' imprendibile primula rossa Bernardo Provenzano. Sarebbe nei dintorni di quella masseria di Santa Margherita Belice dove la polizia ha interrotto un summit dei capimandamento della provincia, il 14 luglio scorso. Il condizionale è d' obbligo: gli inquirenti non lo hanno ancora localizzato, ma sono fiduciosi di definire al più presto la rete di complicità di cui gode il capo di Cosa nostra in questa parte di Sicilia: pentiti non ce ne sono più, ma le voci dall' interno dell' organizzazione criminale arrivano lo stesso, e pure più efficaci, attraverso le microspie che erano state piazzate nelle auto di alcuni boss. Ed è così emerso un inedito spaccato di vita mafiosa: a leggere le intercettazioni, contenute nei provvedimenti di arresto chiesti dai pm Di Leo e Prestipino, sembra di stare dentro un romanzo di Mario Puzo, della serie "il Padrino". Il 9 giugno, Andrea Montalbano, capo del mandamento di Cianciana colloquia in auto con Raffaele Faldetta, ras di Casteltermini, a cui spetta l' appellativo di "vossia". Discutono degli schieramenti elettorali all' interno della provincia di Agrigento: quattro mandamenti su sette sono a favore del latitante Maurizio Di Gati. «L' importante è che c' è uno che tiene a noi altri tutti uniti», dice Faldetta: «I tempi sono tinti». Montalbano annuisce: «Io ho avuto un' esperienza lunga e capisco che anche fra noi c' è un marcio». Faldetta: «Ce n' è assai». Montalbano: «Purché le cose camminano pulite, con serenità, di comune accordo, non c' è più bello di questo, perché quando uno si deve andare a coricare la sera è senza pensieri. Invece ci sono persone che fanno tragedie. E dalle nostre parti ce ne sono state tante». Inizia così un amarcord da vecchia mafia: «La provincia di Agrigento era immacolata, nessuno poteva pensare che potevano succedere certe cose», è la riflessione di Montalbano. «E invece c' è gente che ha scombussolato le famiglie». C' è persino spazio per l' autocritica. Conclusione: «Non si riesce più a trovare picciotti - è quasi amareggiato Montalbano - vedi che è una cosa grave questa qua». Eccoli i nostalgici padrini della vecchia guardia: sono loro i boss su cui Provenzano avrebbe fatto affidamento per rifondare anche nell' Agrigentino la sua Cosa nostra. Ma i dialoghi delle cimici non sono solo amarcord: si discute degli appalti. «I miliardi assai sono», dice soddisfatto Alberto Provenzano all' amico Giovanni Maniscalco. s.p.
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