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Mafia, Dia: ecco la nuova mappa dei clan nell’Agrigentino.
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Ecco la nuova mappa di Cosa nostra agrigentina “radiografata” nella relazione della Dia diretta da Nunzio Antonio Ferla nel secondo semestre 2015 e consegnata al Parlamento dal ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Cosa nostra agrigentina si presenta, nei profili essenziali, come un’organizzazione unitaria pienamente operativa ed inserita nel sistema mafioso della Sicilia occidentale, di cui riflette dinamiche e criticità. Quanto alle aree di influenza, la mafia agrigentina – secondo la Dia – risulta essere strutturata su 7 mandamenti e 42 famiglie.

Procedendo con la descrizione delle dinamiche che caratterizzano attualmente l’area, dalle attività info-investigative si rileva come sia in atto un fisiologico riassetto degli equilibri interni determinato in buona parte dall’arresto dei capi dell’organizzazione e dalla scarcerazioni di importanti sodali. Questi ultimi, tornati in libertà, rivendicherebbero sovente le precedenti posizioni di comando, incidendo significativamente sugli organigrammi delle famiglie e conferendo duttilità all’organizzazione che conserva tuttavia le proprie potenzialità criminali.

Una chiave di lettura degli andamenti criminali della provincia viene dell’operazione Icaro, che ha consentito tra l’altro di documentare il consolidamento dell’alleanza tra i sodalizi agrigentini e quelli palermitani e, in particolare, di fare luce su contatti tra il capo della famiglia di Santa Margherita Belice e gli emissari del supermandamento di San Giuseppe Jato e Partinico.

Si consolidano i legami tra cosche agrigentine e palermitane mentre continuano i rapporti privilegiati con i clan italo-canadesi e si intensifica la collaborazione con le organizzazioni criminali nord-africane attive nell’Agrigentino. E’ quanto emerge dalla nuova relazione della Dia relativa al secondo semestre 2015, consegnata al Parlamento dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, che ridisegna la nuova mappa della mafia agrigentina. Cosa nostra nell’Agrigentino – “radiografata” dalla Direzione investigativa antimafia – si presenta come “un’organizzazione unitaria pienamente operativa e inserita nel sistema mafioso della Sicilia occidentale, di cui riflette dinamiche e criticità. Quanto alle aree di influenza risulta essere strutturata su 7 mandamenti e 42 famiglie“.

Dalle attività info-investigative della Dia – che nell’Agrigentino è guidata dal vice questore aggiunto Roberto Cilona – si rileva come sia “in atto un fisiologico riassetto degli equilibri interni determinato in buona parte dall’arresto dei capi dell’organizzazione e dalla scarcerazioni di importanti sodali. Questi ultimi, tornati in libertà, rivendicherebbero spesso le precedenti posizioni di comando, incidendo significativamente sugli organigrammi delle famiglie e conferendo duttilità all’organizzazione che conserva tuttavia le proprie potenzialità criminali”. Una chiave di lettura degli andamenti criminali della provincia viene dell’operazione Icaro, che ha consentito di documentare il “consolidamento dell’alleanza tra i sodalizi agrigentini e quelli palermitani e, in particolare, di fare luce su contatti tra il capo della famiglia di Santa Margherita Belice e gli emissari del supermandamento di San Giuseppe Jato e Partinico”.


Vincenzo Marrella, di Montallegro, arrestato nell’operazione Icaro
Le indagini della Dia hanno fornito un aggiornato quadro su vertici e organigrammi delle famiglie di Santa Margherita Belice, Ribera, Cianciana, Montallegro, Campobello di Licata, Agigento e Porto Empedocle “in grado di alterare gi assetti imprenditoriali e sociali del territorio anche sotto il profilo del condizionamento della cosa pubblica. Un condizionamento che passa necessariamente – viene spiegato – attraverso la corruzione di soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione e al mondo economico-finanziario”. “L’attività estorsiva a danno di imprenditori, commercianti e altri operatori economici rappresenta ancora la forma delittuosa più ricorrente e redditizia, fondamentale per la sussistenza dell’organizzazione stessa, in quanto garantisce una cospicua fonte di liquidità e nello stesso tempo un capillare controllo del territorio.


Leonardo Rizzuto, figlio di Vito, ritenuto al vertice della mafia italo-canadese Ph: The Gazette
E’ noto come la realtà mafiosa agrigentina mantenga propaggini, storicamente trapiantate, in Nord America, oltre che in Europa, che costituiscono presidi operativi per i maggiori traffici illeciti internazionali, fornendo tra l’altro supporto logistico a sodali che intendono sottrarsi a conflittualità interne o in caso di latitanza. E’ il caso dell’arresto, avvenuto nel mese di settembre in Germania, di uno dei tre responsabili di un omicidio di chiara matrice mafiosa – commesso a Licata l’1 gennaio 2015 – rintracciato a Colonia dove si era rifugiato dopo il delitto tra esponenti criminali emigrati”.

“Significativa risulta – secondo la Dia – l’influenza nelle dinamiche criminali provinciali della componente straniera, in continua crescita e composta da soggetti prevalentemente provenienti dal Nord Africa dediti ad attività di carattere predatorio (rapine e furti in abitazione), alla ricettazione di materiale ferroso e allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina. I circuiti mafiosi attingono a questo bacino di criminalità di minor spessore per assegnare compiti di manovalanza, specie per lo spaccio di sostanze stupefacenti; l’approvvigionamento e la distribuzione, anche fuori dalla Sicilia, restano invece appannaggio dell’organizzazione mafiosa agrigentina”.