25/05/11: Si sono svolti gli interrogati di garanzia, delle quattro persone arrestate mercoledì scorso nell’indagine antimafia denominata “Kamarat”,coordinata dalla Dda di Palermo e condotta dai carabinieri della Compagnia di Cammarata e del Reparto operativo di Agrigento. Le accuse: associazione mafiosa, estorsione aggravate dal metodo mafioso, e per uno degli indagati anche sequestro di persona.

L’interrogatorio più atteso, quello di Angelo Longo, 47 anni, ritenuto il capomafia di Cammarata. Comparso dinanzi al Gip del Tribunale di Palermo, Fernando Sestito, il presunto boss ha parlato per circa un’ora e mezza. Longo con molta probabilità si sarà difeso dalle pesantissime accuse mosse a suo carico.

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere gli altri due indagati nell’inchiesta, Mariano Gentile, 58 anni, entrambi di Cammarata e Giovanni Calogero Scozzaro, 53 anni, di Casteltemini, difesi dagli avvocati Roberto Tricoli del foro di Palermo e Gianfranco Pilato del foro di Agrigento. Il quarto fermato del blitz “Kamarat”Giovanni Vincenzo Scavetto, 71 anni, di Casteltermini, è sottoposto agli arresti domiciliari. Scavetto è assistito dall’avvocato Girolamo Cannella del foro di Agrigento. L’operazione dei carabinieri ha permesso di assestare un duro colpo alle famiglie mafiose di Cammarata, Casteltermini e Castronovo di Sicilia.

 Nelle 500 pagine dell’ordinanza i collaboratori di giustizia hanno ricostruito gli ultimi quindici anni dell’operatività di Cosa nostra nella zona della montagna, tra i territori di Agrigento, Caltanissetta e Palermo. Di Angelo Longo hanno parlato diversi collaboratori di giustizia, e i loro racconti sarebbero stati confermati dalle indagini e riscontri dei militari dell’Arma. Precise indicazioni sulla figura di Longo sono arrivate dal collaboratore di giustizia Luigi Putrone: “A Cammarata mi sono recato diverse volte, e quasi sempre per incontrare Angelo Longo, presentatomi come uomo d’onore nel 1993”.

Putrone nei suoi racconti ha parlato pure del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso e poi sciolto nell’acido, “ricordo di essere andato presso la masseria di Longo, dove nel frattempo era stato spostato il bambino. Tale masseria si trova nella strada che da Cammarata conduce a Casteltermini, e dove Angelo Longo ha la sua azienda di allevatore di bestiame. In un’occasione, su sollecitazione di Arturo Messina, ho accompagnato, per dare un aiuto nella custodia del bambino, Giuseppe Gambacorta”. Patrone nei suoi racconti agli investigatori ha ricordato un episodio in cui accompagnò a Cammarata l’ex capo di Cosa nostra agrigentina, Gerlandino Messina, perchè doveva prendere in consegna il bambino, “portai Messina da Angelo Longo ed insieme siamo andati insieme in una casa vicino Cianciana.

 Lì giunti in una casa tutta di pietra ho lasciato Messina. Le chiavi della casa le aveva Longo, lì il bambino è stato tenuto per un tempo”. Alcune delle 500 pagine dell’ordinanza “Kamarat” fanno riferimento all’uccisione per “lupara bianca” del capomafia di Cammarata, Costantino Lo Sardo, avvenuta nel 1993. A parlarne è stato il pentito Ciro Vara, che parlando della realtà mafiosa di Cammarata e San Giovanni Gemini, il cui territorio è confinante con quello di Vallelunga, fece il nome di Costantino Lo Sardo, uomo d’onore di Cammarata, molto legato ai Privitera di Vallelunga. “Ho conosciuto come uomo d’onore di Cammarata Totò Longo, fratello di Luigi, deceduto per un tumore; e poi un altro Totò Longo, parente dei nominati Luigi e Totò Longo. Ricordo pure di Costantino Lo Sardo, che ebbe dei problemi per colpa del fratello, tale Mommo Lo Sardo. Nel 1988 questo Mommo eseguì, senza alcuna autorizzazione, un’estorsione in danno di un proprietari. terriero di nome S., in territorio di Vallelunga”.

Vara ha raccontato ai giudici, che della questione venne informato Giuseppe Madonia, che, all’epoca, trascorreva la latitanza a Bagheria, “io ero presente all’incontro, ed anzi ho accompagnato il Costantino Lo Sardo a Bagheria, in compagnia di L. I., uomo d’onore di Vallelunga, ed in quella occasione ricordo che il Lo Sardo si mostrò dispiaciuto per il comportamento del fratello”. Secondo Vara la scomparsa di Lo Sardo sarebbe avvenuta a causa di contrasti con gli altri appartenenti alla famiglia di Cammarata.  “Mi risulta che venne accusato di avere rubato un’imballatrice di fieno di proprietà di Totò Longo, che accusavano del furto il Lo Sardo ed un figlio di Privitera.

Dopo la scomparsa di Costantino Lo Sardo, l’autovettura dello stesso venne rinvenuta bruciata proprio nel luogo ove era stata notata per l’ultima volta l’imballatrice; e ciò come chiaro segnale che la scomparsa dello stesso era legata al furto in danno dei Longo. Ricordo pure che Salvatore Fragapane, mi disse che un uomo d’onore di Palazzo Adriano, si era interessato per acquisire informazioni in merito a detta scomparsa, e che Fragapane si mostrò irritato di questo interessamento. Durate il colloquio, Fragapane, mi confermò del suo coinvolgimento nella scomparsa del Lo Sardo”.